Per millenni abbiamo costruito città per proteggerci dalla natura con le sue insidie. Oggi ci rendiamo conto che in realtà abbiamo realizzato un habitat perfetto per la diffusione dei virus ed abbiamo costruito intorno a noi un ambiente alla lunga noioso dove passare il tempo in casa, qualora costretti, per esempio durante un periodo di quarantena.
Non sappiamo quando la nostra vita tornerà normale ma molti si chiedono se la normalità a cui ci siamo abituati sia il modo ideale in cui passare la nostra vita.
La città e la campagna
La città è perfetta per coltivare interessi culturali e professionali, intrattenere relazioni e sviluppare affari.
Andrea Palladio, primo grande teorico del concetto di villa, nei suoi libri diceva che però la campagna permette all’uomo moderno di rilassarsi, dedicarsi all’esercizio fisico e tenersi in forma. A differenza che nel ‘500, oggi molti affari, tuttavia, non vengono più fatti incontrandosi fisicamente al mercato ma operando su piazze virtuali. Quindi l’opposizione tra campagna e città diventa più sfumata, si può fare business anche circondati dall’ambiente naturale.
Non tutti amavano la città storica. Il movimento moderno si era posto da sempre in forte contrasto con il concetto di città. Gli urbanisti e gli architetti del ‘900 hanno fortemente condannato le cosiddette ‘città corridoio’ della tradizione europea, favorendo uno sviluppo urbano più puntiforme. Le nuove città erano costituite da unitè d’habitasion o ville con giardino.
Il movimento Archigram https://en.wikipedia.org/wiki/Archigram sviluppatosi in Italia ed Inghilterra negli anni ’60 e ’70e precorritore di molte tendenze ancora attuali si era fin dall’inizio posto la domanda: “are cities still necessary?”. Per loro l’habitat umano era un pod http://hiddenarchitecture.net/living-pod/dove esercitare la proprie esistenza in collegamento con l’esterno. Oggi diremmo in collegamento ‘virtuale’ con gli altri individui.
Negli anni ’80 e ’90 c’è stato però un forte ritorno del concetto di città classica con le sua piazze ed i luoghi di socializzazione. Ora però il concetto di social distancing ha rimesso in gioco la vita sociale che la città storica con i suoi bar e mercati offriva.
La città del futuro
E’ possibile che il Corona virus porti altre riflessioni innovative sul nostro modo di abitare ed intendere il nostro habitat. E’ probabile che la nostra visone di città e di sviluppo urbano cambi alla luce dell’impatto del virus sulla nostra società.
Non solo il virus ma anche la tecnologia che permette la possibilità di collegamento remoto tra individui che è cambiata. Si tratta di qualcosa che non è mai stato sfruttato così intensamente come nei tempi di quarantena a tutti i livelli: scuola, lavoro, medicina. Una cosa che ai tempi del Palladio non c’era e non c’era neppure ai tempi degli Archigram.
La densità edilizia
Ma oltre al virus oggi abbiamo anche un modo diverso di porci nei confronti dell’approvvigionamento energetico (in passato non c’era il fotovoltaico) e nei modi di costruire (non usiamo più cemento ma materiali più efficienti e rispettosi dell’ambiente).
Dalle prime leggi urbanistiche degli anni ’40 Abbiamo sempre cercato di ‘densificare’ i nuclei urbani promuovendo leggi specifiche per combattere l’allargamento dei limiti delle città. Oggi però questa tendenza ha rilevato dei limiti. Da decenni la popolazione non cresce e l’esigenza di limitare lo sviluppo urbano si accompagna all’esigenza di migliorare la qualità dell’abitare provvedendo a soluzioni più a misura d’uomo.
Negli ultimi decenni si è anche riscontrato che la forte densità edilizia genera un forte incremento di calore nel periodo urbano a causa delle vaste superficie impermeabili ed al calore assorbito da asfalto e cemento. A questo si aggiunge anche il forte consumo energetico prodotto dalle macchine refrigeranti che emettono calore nell’ambiente esterno rendendo ancora meno vivibile la città.
Quale abitazione ci prospetta il futuro
Sulle pagine della rivista Dezeen l’arch. Sergey Makhno ha cercato di dare alcune risposte sul tema ‘la casa dopo il Corona virus’.
Leggendo l’articolo appare che la casa unifamiliare sia la casa più adatta per fronteggiare il dopo Corona virus:
https://www.dezeen.com/2020/03/25/life-after-coronavirus-impact-homes-design-architecture/
La casa unifamiliare passiva in legno
La casa ideale post Coronavirus è la casa passiva in legno che già costruiamo.
La possibilità di lavorare da casa e godere il contatto con la natura lontano da punti di contatto pericolosi sono gli aspetti che maggiormente incidono su questa valutazione. Alcuni aspetti finora non considerati importanti dovranno esser presi in considerazione con qualche attenzione in più per esempio poter cambiare gli abiti da esterno entrando nell’ambiente domestico, ovvero dotare le case di un’area filtro. Questo sarà un aspetto finora non considerato importante ma da tenere in considerazione nelle future progettazioni.
Non più appartamenti
Immobili con la presenza di ascensori, scale comuni, corridoi, atrii ed altri spazi comuni rende difficile la vita in un ambiente dove il contagio può avvenire attraverso il pulsante di una porta condominiale.
Quindi il quindi il concetto di appartamento è oggi fortemente messo in crisi in una società che punta all’isolamento sanitario. Edifici multipiano concepiti senza spazi esterni come ampie terrazze o lastrici solari sono ancora più complessi e difficile da concepire in una società dove le persone potrebbero dover passare più tempo a casa.
Non più unità d’abitazione
L’idea di Le Corbuisier di vivere in condizioni di benessere in unità abitative multipiano che potessero offrire condizioni di vita ideali paragonabili alla vita in villa individuale si sono nella realtà scontrati con la proliferazione di condomini realizzati più per attività speculativa che per reale interesse per gli abitanti.
Oggi quei condomini sono perfetti per propagare il virus.
La casa col patio, immersa in un giardino individuale rappresenta il perfetto rifugio per gustarsi il caffè la mattina prendendo un po’ d’aria fresca senza dover incorrere nel rischio del contagio.
Autosufficienza energetica
La casa ideale nel post Corona virus necessariamente autoproduce energia elettrica. Grazie all’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico è possibile scaldarsi, cucinare, vedere film e navigare online per piacere o per attività professionale e consente di vivere a consumo zero. Questo protegge dal rischio di dover pagare bollette sempre più salate in una società soggetta all’instabilità finanziaria ed alla potenziale discontinuità di reddito.
Autosufficienza alimentare
L’auto sufficienza alimentare insieme alla indipendenza energetica è un altro degli obiettivi della casa ideale post Corona virus.
La possibilità che la catena di rifornimento alimentare entri in crisi è un timore che purtroppo stiamo sperimentando nonostante le rassicurazioni. Ovviamente non possiamo diventare tutti coltivatori part time. Tuttavia, nella nostra società abbiamo visto una sempre maggiore attenzione per l’urban farming. Inoltre le tecniche di coltivazione idroponica stanno avendo uno sviluppo enorme consentendo con pochissimo sforzo di realizzare l’auto-produzione di vegetali commestibili all’interno del proprio quartiere o giardino.
La casa come studio
Dopo il periodo di quarantena molti non vedranno l’ora di riabbracciare i colleghi, ma non sarà così per tutti.
Quanti si saranno dotati di uno spazio di lavoro a casa veramente adeguato alle proprie esigenze con isolamento acustico, ampie finestre con possibilità di schermatura solare, ecc..
Chi si sarà dotato di un luogo di lavoro ottimale difficilmente sarà lieto di tornare nel traffico per raggiungere il proprio luogo di lavoro. Molti opteranno in via definitiva per lo smart working e decideranno di ottimizzare tempo e risorse durante il periodo della giornata lavorativa.
Filtraggio e neutralizzazione
Le nostre case passive sono dotate di filtri che abbattono il particolato presente nelle particelle d’aria in ingresso. Oltre a questo le future case post Corona virus potranno avere la dotazione di meccanismi per abbattere la presenza di batteri e virus nell’aria in ingresso. Potranno anche essere previste speciali lampade ultraviolette che renderanno antisettiche le superficie della casa.
La fine della produzione industriale di massa
Abbiamo visto tutti con sollievo il cielo diventato azzurro in Cina.
Ma cosa produceva la Cina che noi non potevamo produrre? Nulla la produzione era solo a buon mercato e meno protettiva dell’ambiente.
La ricerca di equilibrio economico
La società post Coronavirus dovrà sforzarsi di ristabilire il proprio equilibrio economico rinunciando ad alcune frivolezze della società dei consumi ma valorizzando la produzione locale di quanto è necessario per le nostre vite.
La filosofia che abbiamo sempre applicato della casa a chilometro zero orientata a valorizzare le risorse locali si applicherà anche ad altri settori della produzione dal vestiario alla tecnologia e quindi anche alla costruzione di case.